La storia del tennis in Italia
Il tennis: uno sport dalle origini antiche. Probabilmente tutto ha inizio in Grecia con lo Spheristiké.
Ovviamente il gioco non era come lo intendiamo oggi, ma la sua nascita ha buttato le radici dello sport odierno.
Passato a Roma e poi in Gallia, dove venne chiamato paume (palmo poiché non si usavano le racchette per colpire la palla, ma le mani), ha continuato il suo cammino fino a raggiungere l'Inghilterra.
Da qui tornò alla Francia con una nuova impostazione.
Questo sport, lungo il suo cammino, ha acquisito un nuovo termine, tennis appunto, che deriva dal francese "tenets" trasformato nell'odierno "tenez".
Questa era l'imperativa esclamazione che, in origine, accompagnava il lancio della palla.
Dobbiamo arrivare al sedicesimo secolo per sostituire il palmo della mano con la racchetta, mentre, per vedere questa disciplina in Italia, siamo costretti a raggiungere il 1878 quando Sir Charles Henry Lowe, un gentiluomo inglese, fece costruire il primo campo
da gioco a Bordighera.
All'epoca, la cittadina, che si trova a una manciata di chilometri dal confine francese, era la meta di vacanza dei nobili e fu per questo motivo che Sir Lowe decise di fondare qui il primo circolo di tennis italiano.
Il primo passo fu seguito in breve tempo dalla nascita di altri Tennis Club a Milano, Genova e Firenze.
La nascita dell'Associazione Italiana di Lawn Tennis (il tennis su campo d'erba) è un po' articolata.
Gino De Marino, primo campione italiano di singolare e di doppio, nel 1894 tentò l'esperimento di fondare l'Associazione del tennis.
Purtroppo l'esperienza non andò a buon fine a causa dei diversi interessi dei circoli che, fino a quel momento, erano semplici realtà private.
Dobbiamo arrivare al 1910 per vedere la nascita della Federazione Italiana Tennis (FIT).
Il nome iniziale era Federazione Italiana Lawn Tennis, ma nel 1946 la parola Lawn (prato) sparì lasciando il nome in vigore tutt'oggi.
Il marchese Pietro Antinori ebbe l'onore di essere il primo presidente dell'associazione.
Lo scopo della Federazione è sempre stato, dal primo momento, quello di regolamentare, sviluppare e promuovere l'attività del tennis in Italia.
Nel 1916 la Fit è già iscritta al CONI e nel 1922 partecipa, per la prima volta, alla Coppa Davis: da quel momento incomincerà la lunga storia del tennis italiano in Coppa Davis.
Nelle partecipazioni del 1949, 1952, 1955 e 1958, la nostra squadra, non riuscì a portare a casa neppure un punto a causa delle sconfitte inferte da Australia e Stati Uniti.
La prima semifinale che vede il tricolore italiano, risale al 1928: purtroppo si concluderà con una sconfitta 1-4 contro gli Stati Uniti, situazione che si ricreerà nel 1930.
Nel 1929 la sede della FIT si trasferisce da Genova a Roma e la storia continua defluendo sempre più in uno stato di apatia dovuto al secondo conflitto mondiale.
Nel dopoguerra la federazione risorge in una nuova sede (Milano) grazie al terzo presidente della FID: Aldo Tolusso che resterà in carica fino al 1958.
Tolusso, con la collaborazione di de' Stefani, ridonerà smalto al tennis italiano facendo rivivere al tennis una nuova epoca d'oro sia a livello europeo che mondiale.
Grazie a questa nuova spinta, il tennis italiano, raggiungerà i vertici dei grandi tornei internazionali e della Coppa Davis.
Nel 1954 inizia a farsi strada un giovane nato a Tunisi, un ragazzo di cui si sentirà parlare molto: Nicola Pietrangeli.
In pochi anni vincerà due Roland Garros e stabilirà il record presenza in Coppa Davis grazie a 164 incontri giocati, di cui ben 120 vinti.
Nel 1972 giocherà il suo ultimo doppio in Coppa Davis insieme ad un altro promettente giovane del mondo tennistico italiano: Adriano Panatta.
Il 1976 è l'anno che corona gli sforzi del tennis italiano: Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, Antonio Zugarelli e Adriano Panatta, capitanati da Pierangeli, regalano all'Italia la prima e unica Coppa Davis.
La finale vedrà la squadra azzurra contro il Cile.
Questo quartetto continuerà a regalare ottimi risultati che doneranno una nuova spinta al tennis nazionale.
L'epoca d'oro del tennis dura per tutti gli anni ottanta, per poi vivere un certo declino nel decennio seguente.
Omar Camporese, tennista nato a Bologna nel 1968, è stato uno dei protagonisti del tennis italiano nella prima metà degli anni ’90. Celebri la finale vinta contro Lendl a Rotterdam nel 1992 e la maratona persa contro Boris Becker nel 1991 durante gli Australian Open.
Nel 1998 arriva un nuovo scossone: la squadra capitanata da Bertolucci arriva in semifinale al World Group.
Tra alti e bassi si arriva agli anni 2000 e a risollevare le sorti del tennis nazionale arrivano le donne.
Francesca Schiavone è la prima donna italiana a vincere il Grande Slam, oltre ad aver vinto 7 WTA.
Flavia Pennetta, segue le orme della Schiavone: si posiziona come seconda donna italiana a vincere il Grande Slam, si aggiudica 11 WTA in singolare e 6 in doppio.
Le tenniste italiane sembrano aver ingranato la marcia e sono molto agguerrite e inarrestabili. Sara Errani, tennista trasferitasi a Bologna, e Roberta Vinci formano la prima coppia che riesce a completare il "Career Grand Slam" e la quinta ad aver vinto più Slam in assoluto.
Questo sport, nella nostra storia, ha vissuto alti e bassi continui, regalando sorrisi e lacrime.
Gli ultimi anni, se vogliamo, sono stati quelli più costanti e hanno visto un nuovo modo di affrontare il campo di terra rossa.
Forse è uno sport che potrebbe regalarci molto di più, sono tante le persone che in un modo o nell'altro si affiancano a questa disciplina, ma probabilmente la nostra storia tennistica è ancora troppo giovane.
Sicuramente, da quel lontano 1878, le cose sono cambiate tanto: regolamenti, abbigliamento, attrezzatura.
Per poter rivivere la storia di questo sport, in attesa della creazione di un Museo del Tennis, si può andare a visitare l'originale Museo della Racchetta che si trova a Baldissero d'Alba, in Piemonte.
Situato in un cascinale ristrutturato racchiude tutta la passione di Paolo Bertolino, incordatore di racchette.
La collezione raccoglie oltre 700 racchette di cui, la più antica, risale al 1895.
Nell'esposizione non si trovano solo racchette, ma anche immagini che raccontano gli eventi più importanti del tennis italiano e mondiale.
Tra i gioielli di questo museo ci sono le racchette prodotte, da ditte italiane negli anni tra le due guerre: la Sirt, la Tallero e la Mario Baruzzo.
La storia è accompagnata anche da aneddoti che hanno delineato il mondo tennistico come, ad esempio, la nascita della "Maxima" che, durante il fascismo, sostituì la straniera "Dunlop".
Unica assenza, che duole molto a Bertolino, è la racchetta del campione Federer, non italiano ma comunque grande tennista.
Tra i nomi più famosi del tennis bolognese possiamo citare Simone Bolelli classe ’85 che all’età di sole 24 anni è arrivato ad essere per un periodo il secondo tennista a livello nazionale senza dimenticare la favolosa vittoria nel 2015 degli Australian Open in coppia con Fabio Fognini.
Il grande tennista Paolo Canè nato a Bologna nel ’66 che con il suo famoso diritto preciso e potente è vincitore in carriera di ben tre trofei ATP; il bolognese Omar Camporese classe ’68 arrivato fino agli ottavi di finale agli Australian Open nel 1992 senza dimenticare la grande prestazione nello stesso anno dove diviene l’assoluto protagonista in Coppa Devis a Bolzano contro la Spagna.
Ma anche Francesca Lubiani nata a Bologna nel 1977 e il bravissimo Davide Scala Bologna classe ’78: fino ai giorni nostri con il campionissimo Enrico Burzi bolognese classe 81, nelle file della Nazionale azzurra maschile di tennis padel è considerato il più forte giocatore di questo sport in Italia da degli ultimi 15 anni. E’ stato Campione italiano assoluto nel 2016, è stato 3 volte campione italiano e 2 volte campione Coppa Italia a squadre oltre che 2 volte finalista Internazionali d’Italia e vincitore del Torneo Madison International Challenge (Ibiza, 2014).